E' meglio di si!
La Sindrome da Utopia: Quando la Ricerca della Perfezione Diventa Sofferenza
Ti capita mai di sentirti frustrato perché la tua vita non corrisponde all’immagine che avevi in mente? Di pensare che dovrebbe essere più ricca, più soddisfacente, più… perfetta? E di sentirti in colpa per questo, come se fosse tutta colpa tua?
Se la risposta è sì, probabilmente stai sperimentando quello che autori come Watzlawick, che si sono occupati di capire cosa sia davvero il cambiamento, chiamano la "Sindrome da Utopia", un fenomeno sempre più diffuso. Questo è solamente una delle modalità che ci impediscono di cambiare. Forse in questo mondo odierno l'idea di un mondo perfetto, vissuto da persone perfette che vivono vite perfette ci sta realmente sfuggendo un po' di mano.
Approfondiamo..
Quando la soluzione perfetta diventa il problema
Il punto è questo: molti di noi sono convinti, (e se si, domandiamoci da dove arriva) che esista una soluzione definitiva ai problemi della vita. Una formula magica, un modo giusto di fare le cose che porterà finalmente alla felicità completa e duratura (anche qua, da dove viene realmente questa idea? Forse dalle nostre famiglie?). E quando siamo convinti di questo, è naturale che cerchiamo con tutte le nostre forze di raggiungere quella meta.
Il problema? Quella meta spesso è utopistica per definizione.
Irraggiungibile. Impossibile.
Ma invece di riconoscere che forse stiamo inseguendo qualcosa di inarrivabile, tendiamo a dare la colpa a noi stessi, a pensare che il vero problema siamo noi, nella nostra umana imperfezione.
“Dovrebbe essere diverso”, oppure “Dovrei essere diverso”: questo è il pensiero che ci intrappola e che si imprime granitico nelle nostre menti.
Pensieri come : “Dovrei avere una vita ricca e piena di soddisfazioni, invece è banale e noiosa”, diventano un modo di vivere. Nota quel “dovrei”. È lì che si annida il problema.
Quando ti poni una meta irrealistica, crei automaticamente le condizioni per sentirti inadeguato. E più ti senti inadeguato, più è probabile che tu:
• Ti ritiri sempre più in te stesso
• Ti senta depresso o svuotato
• Ti chiuda emotivamente
• Nei casi più difficili, arrivi a pensieri davvero bui
Paradossale eh?
Qui c’è un aspetto che trovo particolarmente preoccupante. Le persone che vivono questa dinamica spesso:
Soffrono tremendamente la solitudine, ma allo stesso tempo evitano le relazioni vere. Perché? Per paura di essere giudicati, di essere visti come “imperfetti”, per paura che una volta che gli altri vedranno davvero la loro "bruttezza" li abbandoneranno.
Si aspettano una felicità costante e considerano la sua mancanza come una malattia personale. L’idea di chiedere aiuto viene vista come l’ammissione finale del proprio fallimento, quindi da evitare a tutti i costi, meglio mettere in atto comportamenti che però, alla resa dei conti, finiscono solo per aggravare la situazione!
Ed è proprio questo il paradosso: chi avrebbe più bisogno di supporto è spesso chi lo rifiuta con più forza.
Cosa succede quando continuiamo a inseguire l’impossibile
Le conseguenze concrete di questa trappola mentale sono diverse e si alimentano a vicenda:
• Nelle relazioni: aspettative irrealistiche sul partner portano a delusioni continue, conflitti, separazioni
• Socialmente: ti senti sempre più alienato, come se non appartenessi a questo mondo
• Esistenzialmente: sviluppi una visione negativa, dove niente ha veramente senso
• Concretamente: in molti casi si finisce per cercare rifugio nell’alcol o nelle droghe
Quest’ultimo punto merita attenzione. Le sostanze promettono quella felicità istantanea che sembrava impossibile da raggiungere nella vita normale. Il problema? L’euforia dura poco. E quando svanisce, la realtà ti appare ancora più grigia, ancora più fredda. Il che rende ancora più attraente l’idea di “mollare tutto”, di ritirarsi completamente dalla vita.
È un circolo vizioso difficile da spezzare.
Come uscirne: ripartire dal reale
Allora, come si esce da questa trappola?
Il primo passo fondamentale è questo: accettare che la vita non ha soluzioni definitive. Non esiste la formula perfetta, e non esistono persone perfette, per quanto si affannino a apparire tali. Non esiste il momento in cui “ce l’hai fatta” e puoi finalmente essere felice per sempre.
La vita è complessa, contraddittoria, fatta di alti e bassi. E questo non è un difetto da correggere, è semplicemente come stanno le cose per tutti gli esseri umani.
Accettare l’imperfezione non significa rinunciare a migliorarsi o accontentarsi di una vita insoddisfacente. Significa riconoscere che:
• I momenti ordinari non sono fallimenti
• Le giornate “normali” fanno parte della vita
• I periodi grigi esistono per tutti
• La felicità autentica non è costante, è intermittente
Il vero benessere non viene dal raggiungere una perfezione inesistente, ma dall’imparare a navigare la complessità della vita con più accettazione e meno giudizio verso te stesso.
Forse è il momento di parlarne
Se leggendo questo articolo hai pensato “sta parlando di me”, forse dovresti pensare a quanto questa modalità ti porti realmente alla paralisi e ti impedisca di essere sereno.
Chiedere aiuto non ti rende debole. Ti rende umano.
Con affetto
Dott.ssa Valentina Granieri
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